La mia vicina di casa se ne è andata. Così, un caldissimo sabato mattina di fine luglio. Lei, suo marito, e la piccola Ella, di otto mesi. Quando mi sono trasferita qui, un palazzo che ricorda quelli europei nella zona nord di Williamsburg, a Brooklyn, lei era incinta. Non eravamo amiche, forse nemmeno conoscenti. Ma prima del virus abbiamo preso spesso l’ascensore insieme, camminato fino alla metro, scambiato pacchi e cibo consegnato per errore. Ma così succede a New York. La gente va, la gente viene. Anche i ragazzi della portineria se ne vanno spesso e senza dire niente. Avevo fatto amicizia soprattutto con il ragazzo della mattina. Mi vedeva uscire per andare a correre e mi chiedeva sempre quanto facessi. Era diventata una bella abitudine: quando tornavo dalla corsa con le guance viola dal freddo lui si congratulava. A gennaio aveva persino iniziato a correre anche lui. È quasi un mese che non lo vedo, forse è in ferie, forse ha cambiato palazzo, forse il virus gli ha fatto cambiare idea su cosa fare della sua vita. Forse è stato così anche per la mia vicina: avranno scelto una casa più grande oppure il proprietario ha deciso di vendere e hanno dovuto traslocare. O forse fanno parte di quel grande numero di americani che hanno perso il lavoro. Del trambusto di sabato mattina non è rimasto che qualche pezzo di cartone e scotch sulla moquette del corridoio. Ella non si sente piangere, non si sentono rumori di posate né il suono del citofono, né ci sono scarpe o buste fuori dalla porta. Non so molto di lei, solo che lavora al pronto soccorso di un ospedale, che ascolta la musica lirica italiana, che le piace il gelato vegano e che ha un amico di Venezia. Lo so, non è molto, non so nemmeno il suo nome e questo non ci rende probabilmente degne neanche della definizione di ‘conoscenti’.
Ma per il mio quartiere, che purtroppo non è il Bed-Stuy di Spike Lee dove la gente ti saluta per strada, é abbastanza da fartene sentire la mancanza. E in questo momento in cui ci si sente particolarmente isolati, anche la presenza di una vicina senza nome fa la differenza.

Pic by Arron Choi
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